Recensione a “La Deriva del Continente” di A. Bonetti

A pensarci bene mancava solo lei, la poesia. Il mondo della finanza, della conquista del denaro, del consumo sfrenato ha ispirato film, romanzi, opere d’arte. Ma di poeti che si occupassero di soldi (è quasi un ossimoro) non se n’erano mai visti, almeno fino ad oggi. Fino a quando abbiamo scoperto un interessante progetto poetico: La deriva del continente. Si tratta di un agile volumetto pubblicato dalla casa editrice Transeuropa, una realtà piccola nel panorama editoriale italiano ma che negli anni ha lanciato autori come Giuseppe Culicchia, Silvia Ballestra e, più recentemente, Giuseppe Catozzella.

La particolarità è rappresentata da un personaggio collettivo, Paterson, un «funzionario del Regno dei Mezzi» che, dopo la crisi della Lehman Brothers, vaga smarrito per un’Europa al declino, schiavo dei suoi ricordi. A dargli voce, ricostruendo la sua biografia fatta di uffici, vacanze, scopate e profezie dei broker, sono sette giovani poeti italiani che cito in ordine di apparizione: Marco Mantello (che è anche il curatore), Gabriel Del Sarto, Elisa Davoglio, Viola Amarelli, Simone Consorti, Francesa Genti, Albert Samson.

Liquido come la nostra epoca, Paterson è un Ulisse contemporaneo che nel suo viaggio attraversa tutte le esperienze dell’oggi: ha 23 anni, studia e nei week end vola low cost; è un bravo ragazzo cresciuto a latte e Ciocorì che non attraversa col rosso per vigliaccheria. Finita l’università fa uno stage alla Lehman Brothers, progetta pace perpetua e fondi d’investimento. Poi tutto crolla e del denaro che sembrava uscire trionfante come dalle slot-machine non rimane che una scatola di cartone dove depositare «i residui di un universo imploso e in espansione». Al rumore del crollo segue il silenzio dello stallo. E, sullo sfondo, la tratta del lavoro migrante, il popolo rom, gli esclusi, i diversi.

Non sarà sfuggito che Paterson, il nome del protagonista, richiama il poema del poeta americano William C. Williams (conosciuto in Italia soprattutto per la sua ricostruzione delle radici americane Nelle vene dell’America). Una citazione colta (il poema in 5 libri è ambientato nell’epoca dell’industrializzazione americana e parla degli effetti sulla vita delle persone), che non toglie freschezza all’esperimento.

Confesso che la poesia non fa parte del mio orizzonte quotidiano: troppo spesso la trovo distante, incomprensibile, “in posa”. Qui invece la lingua è leggera, dinamica, si nutre del presente. Un esperimento di cui se ne sentiva il bisogno.

 

GabrielAuthor