‘Coloro che chiedono consiglio attraverso il Mentoring, potranno godere di un grosso credito nei confronti del cielo. Coloro che vantano di valere di più di quegli altri, cadranno presto. Coloro che hanno il desiderio di apprendere dagli altri, diventeranno grandi. Quelli che sono presi solo da sé stessi, saranno umiliati e resi piccoli.(Shu Ching, saggio cinese e Mentore dell’imperatore Tao)

Nel 2011, da un’idea di Matteo Perchiazzi che mi ha coinvolto, è nata la Scuola Italiana di Mentoring.

Parlare del Mentoring come nuova metodologia e costrutto, significa rispolverare e dar lustro a meccanismi di ‘comunicazione sociale’ tra ‘parti’ e ‘differenze’ che sono sempre esistiti […]. Significa proporre vecchi tipi di comunicazione in contesti attuali in cui la ‘società degli individui’ è diventata ‘società a rischio’ di emarginazione di singoli, di minoranze e di differenze.

Il Mentor, infatti, prima ancora che una figura le cui funzioni stanno alla base di una metodologia di sviluppo e di sostegno, impersonifica un ruolo di agente di socializzazione a più livelli, un facilitatore naturale, un amico più grande, un passe partout per il mondo degli adulti, un punto di riferimento continuo. Funzioni queste che negli ultimi anni con l’avvento e il consolidamento della società flessibile si sono andate perdendo, e che, a gran voce, stanno ritornando ad essere richieste dalle persone reali, dalla società civile, dal mondo della Scuola e Università, da quello della formazione al lavoro, per non parlare poi dell’ambito del sociale e dello svantaggio.

[passi tratti da “Apprendere il mentoring”, M. Perchiazzi, Transeuropa, 2009]

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